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Marx

Il pensiero di Marx, alla base della sua teoria e della sua adesione al comunismo, nasce da una critica radicale della società e dello Stato moderno. 

Nel mondo in cui egli vive, l’uomo è costretto a vivere due vite, a dividersi tra i propri interessi privati e quelli comuni. La civiltà moderna stessa è caratterizzata da individualismo e l’atomismo, dove il singolo è separato ed escluso dalla comunità.
Poiché è lo Stato a legalizzare tali caratteri, riconoscendo diritti quali il liberalismo o la proprietà privata, esso è la proiezione politica di una società strutturalmente asociale. 

Marx, in tal senso, ritiene che l’unico modo di realizzare una comunità solidale sia l’eliminazione delle disuguaglianze reali tra gli uomini, e in particolare, il principio stesso di ogni disuguaglianza, ovvero la proprietà privata dei mezzi di produzione.
Sarà proprio la classe priva di ogni proprietà, il proletariato, ad essere destinata ad eseguire la condanna storica della civiltà egoistica, realizzando la democrazia comunista.

L’alienazione del proletariato
Il lavoratore, nella società capitalista, vive in una situazione di alienazione, poiché la proprietà privata lo ha trasformato in uno strumento di un processo impersonale di produzione che lo schiavizza, senza porre alcuna attenzione ai propri bisogni.
Marx sostiene che il capitalista utilizzi il lavoro di una certa categoria di persone, i salariati, per accrescere la propria ricchezza in una dinamica che egli descrive come sfruttamento e come logica del profitto. Dunque, la disalienazione dell’uomo dipenderà solo dal superamento della proprietà privata e dall’avvento del comunismo.

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