Henri Bergson nasce a Parigi nel 1859. Si laureò in filosofia e matematica e dopo l’esperienza come professore in un liceo cominciò ad insegnare filosofia College de France di Parigi.
La notorietà del filosofo riesce ad imporsi anche fuori dagli ambienti accademici e le sue lezioni vennero spesso seguite da un vasto pubblico. Nel 1928, ricevette il Nobel per la letteratura.
Morirà nel 1941 a Parigi, mentre la città era occupata dalle truppe naziste, di cui egli conobbe la crudeltà delle leggi razziali, a causa delle sue origini ebraiche.
La filosofia di Bergson si pose come reazione al positivismo, in cui il filosofo si domanda quale sia la specialità della filosofia e quale poto rivestano le scelte e i valori dell’uomo.
Rifiuta l’idea che l’unica forma di conoscenza della realtà sia quella scientifica e per tale motivo, viene considerato il maggiore rappresentante dello spiritualismo francese, corrente filosofica che:
- invita a concentrarsi sulla interiorità degli individui
- riconosce alla filosofia il compito di indagare sulla realtà
La concezione del tempo
Il limite della scienza, per il filosofo, è il considerare il tempo come qualcosa di spazializzato, ovvero una successione di momenti tutti uguali, e di reversibile, ovvero qualcosa che si può ripresentare uguale a sé stesso.
Il tempo della scienza sarebbe dunque diverso dal tempo della vita, ciò che percepiamo attraverso la nostra coscienza. Questo tempo è difatti:
- fatto di momenti irreversibili
- fatto di momenti qualitativamente diversi
- continuo
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